NASCITA DI UNA CATTEDRALE DI PAOLO GRILLO
Alle origini del Duomo

Costruita là dove c’era la vecchia basilica romanica di Santa Maria Maggiore. I lavori iniziano nel 1386 su iniziativa della popolazione e finanziata da Gian Galeazzo Visconti.

 

E’ il simbolo di Milano. Al Duomo (o meglio ai primi anni del cantiere) Paolo Grillo, docente di storia medievale alla Statale di Milano, ha dedicato un libro: “Nascita di una cattedrale” (Mondadori).

Quando è stato fondato il Duomo?

C’è chi dice nel 1385, chi nel 1386, chi nel 1387. In realtà i documenti dimostrano che i lavori cominciarono nel 1386 con la realizzazione delle fondamenta, mentre nel 1387 apparvero le prime strutture in superficie.

Il Duomo è stato edificato su una chiesa precedente.

In realtà il Duomo ha fatto più “vittime”, la principale fu la chiesa di Santa Maria Maggiore, la vecchia basilica romanica che venne sostituita dalla nuova cattedrale, o meglio inglobata in essa fino a tutto il Seicento quando furono abbattute le ultime vestigia della facciata.  Altre due “vittime” illustri sono stati due battisteri paleocristiani, i cui resti sono ancora visibili sotto la pavimentazione.

A chi si deve la costruzione del Duomo?

Questo è uno snodo su cui si è dibattuto a lungo. Un’interpretazione vuole che la cattedrale sia stata voluta da Gian Galeazzo Visconti, il Signore di Milano; un’altra che l’iniziativa sia partita dal basso, dalla popolazione. Io credo che sia più corretta quest’ultima.

Perché i milanesi vollero la cattedrale?

Per reagire ad un contesto politico allarmante. Nel 1385 il Signore di Milano Bernabò Visconti era stato spodestato dal nipote Gian Galeazzo, che aveva stabilito la sua corte a Pavia e non aveva intenzione di spostarla a Milano. Gian Galeazzo voleva fare di Pavia, già capitale del Regno longobardo e del Regno d’Italia carolingio, il cuore del suo dominio. Tutto ciò non stava bene ai milanesi che quindi decisero di rivendicare la centralità di Milano sull’altro piano, quello religioso.  Ecco quindi l’idea di costruire una cattedrale grandiosa, un’opera che avrebbe portato anche soldi e lavoro, dando quindi impulso all’economia.

Chi ha finanziato la costruzione?

Gian Galeazzo stesso, che diede il suo appoggio anche se in modo discontinuo, ma soprattutto la popolazione. I milanesi fecero molte donazioni in denaro, nelle cassette con il marchio della Fabbrica del Duomo; facendo testamento; con lasciti di terreni e case. Chi non aveva soldi regalava vestiti, strumenti di lavoro, armi che poi venivano rivenduti e monetizzati.

La costruzione non fu semplice.

Infatti, fu un azzardo da parte dei progettisti. A Milano fino ad allora si era costruito sul cotto, sul mattone, non su pietra. Una realizzazione in marmo era una vera innovazione per l’edilizia in città. Un primo sforzo dovette essere fatto per reclutare tecnici e manovali. La Fabbrica del Duomo, che gestiva il cantiere, chiamò operai dalle Prealpi, abituati a lavorare i graniti, e dalla Germania, che avevano fatto esperienza con le grandi cattedrali tedesche. Nello stesso tempo aprì una scuola per formare lavoratori locali. Complessivamente erano impiegate, direttamente, fra le 400 e le 500 persone, distribuite tra il cantiere e le cave di marmo. Poi c’era un indotto pari ad almeno il doppio.

Le cave erano a Candoglia.

Esatto. Le cave erano state scoperte dai romani, che però le abbandonarono per le difficoltà di trasporto. La Milano trecentesca disponeva, invece, del Naviglio, scavato tra la fine del XII° e l’inizio del XIII° secolo. I marmi arrivavano via acqua, attraverso il Toce, il lago Maggiore, il Ticino e il Naviglio Grande, che inizialmente si fermava alla Darsena e fu poi prolungato fino all’attuale sede dell’Università Statale. Ancora oggi c’è una via Laghetto che ricorda il laghetto di Santo Stefano, il porto dove veniva sbarcato il materiale.

Com’erano le condizioni di lavoro?

Abbastanza buone. Le paghe erano buone per la manodopera specializzata e discrete per la manovalanza. Il vitto era fornito dal cantiere. Gli ingegneri erano pagati con un salario fisso, in fiorini d’oro, a fine mese; gli operai a giornata ed erano, quindi, più precari. Chi si ammalava non riceveva nulla, ma secondo i miei calcoli bastavano venti giorni di lavoro al mese per garantire la sopravvivenza della famiglia. Stavano un po’ peggio i lavoratori che venivano da fuori, gli immigrati, perché per risparmiare si vedevano magari costretti a dividersi un alloggio in dieci persone.

Com’erano le tecnologie?

Avendo una buona disponibilità di denaro la Fabbrica fece investimenti anche in questo campo. Il cantiere era dotato di “falconi”, le grandi gru che servivano al carico e allo scarico dei marmi, una tecnologia vecchia di un paio di secoli che venne perfezionata e ammodernata. Si costruirono poi delle seghe meccaniche e si regolò il tempo di lavoro con l’uso di orologi.

Fino a quando andò avanti la costruzione del Duomo?

Il libro si sofferma sui primi 30 anni, gli “anni eroici”. In quegli anni si costruì quasi quanto si costruì poi nei quattro secoli successivi. La parte più impegnativa, abside e transetto, risale a quell’epoca. Dopo questo periodo ,la realizzazione è continuata ma ha perso slancio, alternando momenti felici ad altri meno, e prolungandosi fino agli inizi dell’Ottocento quando Napoleone impose la realizzazione della facciata, bloccata da decenni per le liti fra gli architetti. La Madonnina è stata posata a fine Settecento, sotto il dominio di Maria Teresa d’Austria. In realtà il cantiere è sempre aperto, perché la cattedrale richiede una manutenzione costante. Non a caso le cave di Candoglia sono rimaste di proprietà della Fabbrica.

23/03/2018
di Mauro Cereda
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