Da un racconto che sposta la telecamera narrativa tra i "sissignore capo dottore" e gli altri
Il badge e la vita quotidiana - una storia sul mondo del lavoro

L'immagine è di Elisa Saracino.

Di Donatello Cirone, pubblicato su L'Irrequieto, di cui parlammo il mese scorso, è la storia che riportiamo oggi su job. Si intitola The badge, il focus è su lavoratori precari, stagisti, giovani, ma la cornice è altrettanto stimolante. Gli altri. I colleghi di questi "soggetti". Gli "integrati" più o meno nel sistema, gli adulti, visti nei loro limiti, nelle loro abitudini e anche nelle loro grandezze, fatte di slanci, di affetti, di vita quotidiana.

Sono altri lavoratori che si vedono scorrere la vita davanti, che non vedono oltre la propria scrivania, che compiono azioni in apparenza normali ma che in verità sono azioni abituali fatte sempre allo stesso modo, con lo stesso ritmo, la stessa intensità, nello stesso tempo però sono "gli altri" eroi silenziosi che tutte le mattine speranzosi si svegliano, padri che regalano  sorrisi, e madri che dispensano baci a figli imbronciati.. sono il concentrato della bellezza umana, l'essenza dell'amore. Gentilezze disinteressate. Sergio è un precario, uno stagista, un lavoratore a progetto, Sergio è un grumo di sogni e di speranze, di incertezze e di silenzi forzati, è anche smarrito, il suo "Sissignore capo Dottore" è un grido taciuto, per un domani chissà...

The badge

Giorno 24 – Badge 25
I piedi si intrecciavano uno dietro l’altro, pestavano tutto quello che incontravano senza pietà, con forza si scontravano contro la suola che si deformava a ogni colpo, non erano colpi d’amore, quelli che fanno restare fermo il cuore, che gonfiano vene e polmoni, ma colpi violenti, senza clemenza. La pianta del piede di Sergio si arrossava, bolle si gonfiavano come palloncini in bocca a pagliacci muti, i tendini si allungavano con innaturalezza, le cosce invece si indurivano, sudava fra le chiappe, il sudore colava suicida e si incanalava, la fronte luccicava, la barba ispida si ammorbidiva. Una lunga corsa verso quel movimento fulmineo, un richiamo primordiale alla magia della creazione, il badge che striscia fra due lembi d’acciaio che si schiudono, un bip, un orario, un brivido lungo la schiena. La giornata inizia:
– Portami il caffè!
– Sì, sissignore capo Dottore!

Nel bagno al piano terra Maria si lavava le mani, nell’ufficio accanto Umberto si leccava le dita dopo essersi trapanato il naso.

– Sergio?
– Sì, sissignore capo Dottore!
– Portami un bicchiere d’acqua
– Sì, sissignore capo Dottore!
La luna era ancora troppo lontana dagli occhi di Luana che guardava fuori dalla finestra mentre si accarezzava i capelli lisciati il giorno prima, nel suo stesso ufficio Yon scarabocchiava senza un perché alcuni documenti arrivati sulla sua scrivania per caso.
– Sergio puoi andare!
– Sì, sissignore capo Dottore!
Giorno 25- Badge 26
Il cielo si era aperto lentamente. Sergio era allegro, i suoi piedi correvano sempre veloci, il suo badge era caldo e pronto a penetrare quella macchinetta tanto attraente. Veloce, un bip, lo zaino pesante, ufficio:
– Un caffè d’orzo Sergio, chiaro? Senza zucchero, capito?
– Sì, sissignore capo Dottore!
– Ottimo, bravo!
– Sì, sissignore capo Dottore!
Nel parcheggio Elena si truccava guardandosi allo specchietto in macchina, Gennaro sistemava i tappetini della sua Jeep e Margherita toglieva, con un fazzolettino che aveva accuratamente inumidito con la sua saliva, una merda di piccione sul lunotto.
– Per cortesia, caro Sergio, potresti portarmi una risma di carta?
– Si, sissignore capo Dottore!
– Bene.
– Sì, sissignore capo Dottore!
Il tramonto lontano aveva svegliato Francesco. I cancelli chiudevano.
Giorno 26- Badge 27
La lunga abituale corsa verso quei due lembi d’acciaio che lo tenevano sveglio la notte, Sergio era pronto anche quella mattina a strisciarlo fra quello stretto passaggio che portava alla felicità, era pronto, voleva salire in ufficio e preparare, organizzare, smistare ma il suo badge si era rotto, spezzato. Come? Quando? Come era possibile? Lo teneva in mano e fissava quella stretta fessura intensamente. Il badge riposava spezzato fra le sue mani sudate, la fronte come al solito luccicava e la maglietta era pregna di sudore. Sergio uscì fuori, vide che il sole stava sorgendo anche quella mattina, si accorse che illuminava tutto indiscriminatamente, lo faceva senza chiedere il permesso, senza chiedere autorizzazione. Rimase lì assorto, nessuna domanda scuoteva il suo animo, nessuna riflessione annebbiava il suo cervello, i piedi quasi si intrecciavano uno dietro l’altro, accarezzavano tutto quello che incontravano, si adagiavano sulla suola che li abbracciava come una madre al primo tocco d’un figlio nato prematuro, correva Sergio verso un altrove ancora da cercare:
– Ecco il tuo nuovo Badge.
– Sì, sissignore capo Dottore!
– Dammi i 15 euro per la sostituzione.
– Sì, sissignore capo Dottore!

30/11/2015
Benedetta Cosmi
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