ECONOMIA
Lavoro, un sentire negativo aleggia anche su Milano

di Carlo Gerla segretario generale Cisl Milano Metropoli

Quella milanese rimane una realtà economica e sociale specifica rispetto alle altre aree del Paese.

Ma al di là degli studi statistici c’è un sentire negativo che emerge, giorno dopo giorno, dalle comunità, dai territori, dalle persone e dalle famiglie. Paura e sfiducia incombono nel quotidiano.

E’ fuori di dubbio che senza investimenti non ci può essere crescita e senza crescita non ci può essere buona occupazione. Come dicevo, nonostante a Milano la situazione economica, sociale e del lavoro sia decisamente migliore, il rallentamento del Paese sta iniziando ad intaccare anche questa realtà, finora locomotiva.

Il territorio sta soffrendo molto delle incertezze mostrate dalla politica nazionale e nonostante la sua spinta propulsiva, direi invidiabile, si sente sotto attacco. Se da una parte la crescita dell’occupazione ha consentito un recupero significativo dei livelli pre-crisi, dall’altra, per lo stesso periodo, emerge che mancano all’appello 1,8 milioni di ore lavorate.

C’è un esercito di lavoratori insoddisfatti e sottopagati: c’è un problema di qualità del lavoro e di “quantità” delle retribuzioni. In dieci anni sono spariti moltissimi posti di lavoro a tempo indeterminato e una parte è stata sostituita dai contratti a tempo determinato a breve durata (sotto i 6 mesi) e da part time involontari. Il Decreto Dignità si è rivelato un provvedimento sbagliato, assunto nel momento sbagliato. Non si crea l’occupazione per legge: in dieci anni sono state fatte otto riforme del lavoro e questo può essere dannoso.

Una nazione complessa come l’Italia non si governa con i selfie o con la politica degli annunci. Occorre un cambio di rotta nelle politiche economiche, ponendo al centro la persona e i suoi bisogni, gli investimenti sul lavoro dignitoso e sicuro; bisogna dare più sostegno al sistema produttivo, ridurre la tassazione sul lavoro, potenziare innovazione e ricerca. Queste considerazioni e proposte le stiamo facendo e ribadendo da tempo, con la piattaforma unitaria

Le trasformazioni del lavoro

Il futuro del lavoro è già ben presente nelle nostre realtà. Non possiamo fermare la sfida dell’innovazione tecnologica, della digitalizzazione e di impresa 4.0, ma dobbiamo cercare di gestire e governare i processi. Non c’è alternativa.

Le trasformazioni rappresentano una nuova frontiera della competizione industriale e del sistema produttivo e dei servizi, che è anche la condizione indispensabile per continuare ad avere aziende forti sui mercati.

La tecnologia può essere importante per rafforzare l’umanesimo del lavoro, ma servono competenze e capacità nuove.

Si deve affrontare un modello diverso da quello che abbiamo conosciuto finora, rispetto all’utilizzo meno rigido di spazi e tempi, orari e luoghi. Cambia volto il mercato del lavoro e lo fa talmente in fretta che tanti lavoratori vedranno modificarsi nei prossimi anni le attività che svolgono oggi. In molti si chiedono quali saranno le conseguenze dirette sui livelli occupazionali.

Ci sarà un rischio effettivo in termini di sostituzione del lavoro umano? In realtà non esiste alcuna prova che il lavoro umano sparirà. Nei processi di innovazione il ruolo e il protagonismo delle persone diventano sempre più importanti per il successo dell’impresa.

Adeguare le competenze diventa indispensabile e, quindi, la formazione continua e gli investimenti in capitale umano diventano strategici: bisognerà provvedere al miglioramento dei sistemi di istruzione e formazione e all’aggiornamento delle politiche attive del lavoro alle nuove realtà creata dalla quarta rivoluzione industriale.

La formazione non va più considerata come una elemento accessorio, bensì un diritto soggettivo, una misura necessaria tanto per i lavoratori quanto per la competitività delle imprese.

Senza un’adeguata attenzione allo sviluppo delle competenze dei lavoratori e al loro più forte coinvolgimento nella gestione dei processi produttivi, nella vita e nelle scelte dell’azienda, i miglioramenti attesi di produttività e qualità della produzioni sarebbero impossibili. Questo significa anche un salto culturale per tutti, in particolare nei rapporti tra lavoratore e impresa e nelle relazioni sindacali e contrattuali.

Il fare insieme! (Imprenditori e organizzazioni sindacali)

Insieme possiamo fare la differenza per affrontare le nuove sfide. Dobbiamo formare imprenditori e lavoratori. Per noi la chiave di tutto rimangono la contrattazione e la partecipazione dei lavoratori nelle nuove forme di organizzazione del lavoro.

Dobbiamo impegnarci maggiormente su diverse aree: nuovi contenuti del lavoro, nuovi ruoli, mix di competenze, inquadramento professionale, rotazione e polivalenza, conciliazione lavoro e famiglia, riconoscimenti salariali.

Solo così riusciremo a salvaguardare i posti di lavoro, le imprese e offrire nuove opportunità di occupazione. Solo così riusciremo a dare la necessaria spinta propulsiva a una realtà importante com’è quella milanese.

04/09/2019
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