d i Carlo Gerla - segretario generale Cisl Milano Metropoli
Ce lo diciamo e ripetiamo da tempo: senza innovazione non c’è futuro per il lavoro e per le aziende.
Milano è un passo avanti al resto del Paese e le trasformazioni sono già realtà; con questa dobbiamo fare i conti a tutti i livelli: tecnologico, dell’organizzazione del lavoro e delle relazioni industriali, della cultura di imprenditori e sindacati che, necessariamente, anch’essa deve esse innovata.
Il protocollo firmato il luglio scorso da Cgil ,Cisl, Uil, da una parte, Assolombarda e Confindustria Monza e Brianza, dall’altra, sulla “Partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa” , è in qualche modo ‘profetico’. Sicuramente strategico perché, superati dubbi e resistenze di tutte le parti, partendo dalla realtà del presente, prefigura il futuro. Un accordo all’avanguardia che può essere di riferimento anche a livello nazionale. Del resto, se un segnale del genere non veniva da Milano e dalla Brianza, da dove poteva venire? Gli studiosi della materia, che partecipano direttamente all’applicazione del Protocollo, sono chiari: senza partecipazione l’innovazione vale meno (il 50%, è stato calcolato) e senza innovazione la produzione non cresce e con essa nemmeno l’occupazione. Insomma è la grande e ineludibile questione della gestione del ‘capitale umano’ che anche il sindacato deve affrontare attraverso gli strumenti tradizionali della contrattazione e altri nuovi come, appunto, la partecipazione.
“Se non s’interviene e non si gestisce l’innovazione va avanti da sola”
Non possiamo fermare la sfida dell’innovazione tecnologica, della digitalizzazione e di impresa 4.0, ma dobbiamo cercare di gestire e governare i processi. Non c’è alternativa. Le trasformazioni rappresentano una nuova frontiera della competizione industriale e del sistema produttivo e dei servizi, che è anche la condizione indispensabile per continuare ad avere aziende forti sui mercati.
La tecnologia può essere importante per rafforzare l’umanesimo del lavoro, ma servono competenze e capacità nuove. Dobbiamo elaborare un modello diverso da quello che abbiamo conosciuto finora, rispetto all’utilizzo meno rigido di spazi e tempi, orari e luoghi. Cambia volto il mercato del lavoro e lo fa talmente in fretta che tanti lavoratori vedranno modificarsi nei prossimi anni le attività che svolgono oggi. In molti si chiedono quali saranno le conseguenze dirette sui livelli occupazionali.
“La tecnologia da sola non basta. E’ sempre e comunque necessario l’intervento dell’uomo”
Ci sarà un rischio effettivo in termini di sostituzione del lavoro umano? In realtà non esiste alcuna prova che il lavoro umano sparirà. Nei processi di innovazione il ruolo e il protagonismo delle persone diventano sempre più importanti per il successo dell’impresa.
Adeguare le competenze diventa indispensabile e, quindi, la formazione continua e gli investimenti in capitale umano diventano strategici: bisognerà provvedere al miglioramento dei sistemi di istruzione e formazione e all’aggiornamento delle politiche attive del lavoro alle nuove realtà creata dalla quarta rivoluzione industriale.
La formazione non va più considerata come una elemento accessorio, bensì un diritto soggettivo, una misura necessaria tanto per i lavoratori quanto per la competitività delle imprese.
Senza un’adeguata attenzione allo sviluppo delle competenze dei lavoratori e al loro più forte coinvolgimento nella gestione dei processi produttivi, nella vita e nelle scelte dell’azienda, i miglioramenti attesi di produttività e qualità sarebbero impossibili. Questo significa anche un salto culturale per tutti, in particolare nei rapporti tra lavoratore e impresa e nelle relazioni sindacali e contrattuali.
Dobbiamo impegnarci maggiormente su diverse aree: nuovi contenuti del lavoro, nuovi ruoli, mix di competenze, inquadramento professionale, rotazione e polivalenza, conciliazione lavoro e famiglia, riconoscimenti salariali.