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La vita dentro: una testimonianza di amore

La storia di Anna Negri Valvo, giornalista, mamma, che ha rinunciato a curarsi per salvare la figlia in grembo. 

Ha messo davanti la vita della figlia, non ancora nata, alla sua. Sapendo di rischiare molto. Tutto. Ma lo ha fatto lo stesso: con forza e determinazione, per amore. Anna Negri Valvo è scomparsa a soli 37 anni, l’11 luglio 2005, due mesi dopo avere dato alla luce la piccola Rita, la terzogenita avuta con il marito Enrico, dopo la nascita di Silvia (1999) e Irene (2001). Mentre era incinta le era stato diagnosticato un tumore aggressivo, da operare subito, ma lei aveva deciso di rinunciare ad ogni tipo di cura che avrebbe potuto mettere in pericolo la gravidanza. Contava di sottoporsi alle terapie subito dopo il parto, ma ormai era troppo tardi.

La storia di questa giovane donna, che ricorda quella di Gianna Beretta Molla (fatta santa da papa Giovanni Paolo II nel 2004), è raccontata nel libro “La vita dentro” (Edizioni IPL), scritto da Maria Teresa Antognazza. La voce narrante è quella di Mario Negri, il padre di Anna, che (con comprensibile tenerezza) ripercorre la sua vita fin da bambina a Venegono Inferiore, in provincia di Varese: le scuole dell’obbligo, l’impegno in oratorio e nel coro parrocchiale, il liceo a Tradate, i viaggi, le amicizie adolescenziali, la laurea in Lettere a Milano, il corso all’Istituto De Martino per diventare giornalista professionista, le prime esperienze di lavoro in un quotidiano nazionale (Avvenire).

E poi l’incontro con il marito, giovane brillante avviato alla carriera diplomatica, che la porterà a vivere a Roma e successivamente in Turchia, prima a Smirne, poi ad Ankara. Anni impegnativi (non è semplice essere la moglie del console in un Paese lontano), intensi, felici, in cui si è voluta mettere alla prova (ad esempio imparando il turco o insegnando italiano all'università). Anni vissuti fino in fondo. Fino al giorno della terribile diagnosi e l’esperienza della malattia, affrontata con grande dignità e forza di volontà. Anna voleva salvare a tutti i costi sua figlia e sperava anche di vederla crescere. Prima però veniva il bene di Rita.

Dal libro (che è delicato, doloroso, ma non triste) emerge la figura di una persona di grande umanità, coraggiosa, capace, determinata, gentile, generosa, piena di interessi e passioni, che amava la vita. E io so che Anna era davvero così. Lo so perché per un anno (nel 1996) ho lavorato con lei, fianco a fianco, all’ufficio stampa della Provincia di Milano. Ho partecipato anche al suo matrimonio. Ricordo il suo sorriso di allora, circondata dalla sua bella famiglia e dagli amici. Chi l’ha conosciuta e ha condiviso con lei un tratto di cammino è stato fortunato. Il fratello Marco, nel volume, parla di lei come di una “vera combattente”. Oggi l’asilo nido di Venegono Inferiore porta il suo nome.    

07/10/2021
Mauro Cereda - mauro.cereda@cisl.it