ATTUALITÀ
REGIONE LOMBARDIA

Case popolari: più che una riforma, un passo indietro

Al via la nuova legge regionale che, tra l'altro, apre ai privati e prevede altre novità. Per il Sicet (sindacato inquilini) la nuova normativa non risolve i problemi, anzi li complica e, in particolare per Milano, non serve a niente. Ecco com'è nata, cosa prevede e le osservazioni dei sindacati.

- Stop alle graduatorie infinite e inique e avvisi pubblici per l’assegnazione rapida degli alloggi; possibilità per i Comuni ad alta tensione abitativa di adottare provvedimenti d’urgenza per la consegna degli alloggi. E poi, istituzione di un sistema di accreditamento, per cui i servizi abitativi potranno essere forniti anche da operatori privati accreditati; un contributo regionale di solidarietà che copre le spese di canone e servizi per i nuclei familiari indigenti, con uno stanziamento triennale di 55 milioni di euro; incentivi urbanistici per realizzare nuovi alloggi da destinare a servizi abitativi pubblici e sociali con l’azzeramento del contributo sul costo di costruzione e la riduzione degli oneri di urbanizzazione. Queste alcune delle novità più significative introdotte dalla legge sui servizi abitativi, approvata martedì 28 giugno in Consiglio regionale con 41 voti a favore e 28 contrari: hanno votato a favore il gruppi di maggioranza, contrari Patto Civico, Partito Democratico e Movimento 5 Stelle.

Il provvedimento, secondo il suo relatore, Carlo Malvezzi (Nuovo Centrodestra) introdurrebbe in Lombardia il concetto che “le politiche abitative sono politiche sociali e non politiche edilizie. La legge non porterà nessun aumento del canone come alcuni vorrebbero far intendere, e sostiene concretamente la persona e la famiglia attraverso un contributo regionale per nuclei familiari in condizioni di povertà assoluta e per quei nuclei in condizione di temporanea difficoltà economica per la perdita di lavoro o altra causa. Inoltre il provvedimento introduce il mix abitativo, un nuovo sistema di assegnazione che attua l’integrazione sociale e che vedrà gli alloggi abitati da anziani, famiglie di nuova formazione, famiglie monoparentali, disabili e appartenenti alle forze di polizia”.

COSA DICE  LA LEGGE

Tra le principali novità la frequenza degli avvisi pubblici (almeno due l’anno) e la piattaforma informatica per la presentazione della richiesta di alloggio: come previsto da un emendamento del relatore Malvezzi, i Comuni, le Aler e gli Enti gestori supporteranno, attraverso un apposito servizio, i soggetti richiedenti nella presentazione delle domande di accesso ai servizi abitativi pubblici. Sono previsti percorsi di presa in carico dei soggetti più deboli attraverso i servizi sociali, con l’obiettivo di seguire da vicino l’evoluzione e le condizioni della persona interessata. I contratti di locazione saranno temporanei e rinnovabili. I controlli sul reddito e sui requisiti di permanenza saranno annuali. Viene introdotta anche la possibilità della risoluzione unilaterale del contratto di locazione da parte del gestore per le false dichiarazioni sui requisiti e le condizioni reddituali degli assegnatari e per la cosiddetta morosità colpevole. Fermo restando l’obbligo dei 5 anni di residenza in Lombardia come requisito obbligatorio per poter richiedere un alloggio pubblico, in caso di parità in graduatoria verranno privilegiati i soggetti con maggiore anzianità di residenza in Regione e nel Comune dove è localizzata l’unità.

L’ITER LEGISLATIVO

L’approvazione in Commissione Territorio del disegno di legge  era giunta dopo numerose audizioni che hanno coinvolto complessivamente una quarantina di soggetti: il provvedimento tiene conto anche di alcune sollecitazioni emerse durante il confronto con le rappresentanze sindacali degli inquilini e contenute in una petizione consegnata a fine maggio al Presidente del Consiglio regionale Raffaele Cattaneo, sottoscritta da 11.374 persone. Oggi sono ancora 56 mila i Lombardi in attesa di un alloggio.

RANCATI (SICET) : SI E’ PENSATO SOLO AI CONTI DI ALER

“Questa riforma è un passo indietro clamoroso che si lega al problema economico finanziario che hanno avuto le Aler, causa  una gestione imprenditoriale davvero poco accorta che è stata alla base di quanto è venuto in seguito”.

Parte da lontano la disamina di Pierluigi Rancati, Segretario Generale del Sicet Lombardia, rispetto alla ‘questione casa’. “All’inizio degli anni 2000, esaurite le giacenze  legate ancora alle Case Gescal, si è dovuto pensare a forme di cofinanziamento differenti, ma la gestione delle Aler ha portato ad un buco di lungo periodo di 500 milioni di euro su Milano, di cui ben 180 legati a queste situazioni di spreco incredibile”. La premessa di Rancati è essenziale, perché fa capire come a questo buco, si siano poi aggiunte le questioni più di natura strutturale, vedi la crisi economica che ha portato a raddoppiare i tassi di morosità.

Dinanzi a questo scenario fortemente compromesso il Consiglio regionale ha avviato dal 2014 una discussione per trovare forme che permettessero al sistema di stare in piedi. “Ma i primi rimedi non hanno prodotto nulla. Basti pensare – fa notare il dirigente regionale del Sicet – che del patrimonio pubblico messo sul mercato, ne è stato venduto solo il 5%”. Se questi erano i presupposti, naturale per Rancati “che si guardasse più ai conti che ai bisogni delle persone”. “Si è cercato con questa legge di traghettare altrove parte del patrimonio pubblico ma soprattutto di cercare un’utenza più affidabile, con maggiore capacità economica. In altre parole, una legge che ha fortemente travisato le finalità sociali del tema casa”.

A questo proposito, il Segretario Generale del Sicet Lombardia entra nello specifico del provvedimento: “Vengono posti già dei paletti in ingresso, dato che solo il 20% del patrimonio abitativo viene messo a disposizione degli indigenti. La graduatoria, inoltre, non è più unica, bensì si lavora sulle singole assegnazioni. Ne scaturisce che ogni volta si ricomincia da capo”.

Ma ciò che più non convince Rancati sono i parametri presi in considerazione: “Non solo l’indice di bisogno ma anche l’appartenenza a determinate fasce, vedi le nuove famiglie, gli  anziani, gli appartenenti alle forze dell’ordine. Alla fine, a conti fatti, su 10 alloggi da assegnare solo 2 andranno a dei poveracci…”.

La conclusione molto cruda di Rancati da, però, la cifra del nuovo corso delle politiche abitative che è stato intrapreso da Palazzo Lombardia. “Secondo questa prospettiva andiamo a ridurre ancora di più le possibilità di ottenere un alloggio, se è vero che in Lombardia in un anno mediamente non vengono assegnati più di 3.000 appartamenti”.

Ma quella messa in atto dal Consiglio regionale per il responsabile del Sicet lombardo assomiglierebbe ad “un’azione a tenaglia” vera e propria: “Perché la nuova legge non esclude l’aumento del canone di locazione (fino al 15% dei 165 mila alloggi a disposizione potranno vedere un aumento dell’affitto), così come Milano potrà proseguire il piano straordinario di vendita di 10 mila appartamenti”.

In definitiva, un intervento legislativo a dir poco negativo. “Si è voluto guardare solo i numeri salvo poi riempirsi la bocca con termini quali percorsi di inclusione sociale che dovrebbe passare in capo ai servizi sociali dei Comuni ma non si sa bene con quali risorse”.

Già perché, ultima considerazione, per Rancati questa legge scarseggerebbe anche dal punto di vista delle finanze economiche. “Si parla di 340 milioni di euro da destinare ad interventi di recupero, ma non si tratta di un fondo strutturale, bensì di soldi recuperati dal Bilancio della Regione. L’unica risorsa effettiva è quella per rispondere alla morosità dell’Aler”.

E così si torna ancora al punto di partenza…far quadrare i conti.

SPINELLI (SICET): QUESTA LEGGE SERVE POCO AL CAPOLUOGO. ANZI COMPLICA  LE COSE

MILANO -  “Spesso con la Giunta Pisapia sul problema casa ci trovavamo di fronte solo ad un gioco di bandierine politiche, perché poi nei fatti, l’approccio a questa vera e proprio emergenza, non si discostava di molto da quanto approvato da Regione Lombardia l’altro giorno”. Leo Spinelli, Segretario del Sicet Milano giudica severamente la legge sui nuovi servizi abitativi approvata tra polemiche e tensioni  fuori dal Pirellone, martedì 28 giugno.

“Spero almeno – aggiunge Spinelli – che su Milano con la nuova Giunta di Beppe Sala le cose cambino. L’assessore Gabriele Rabaiotti, è l’ex presidente del Consiglio di zona 6, quanto meno,  è uno che dovrebbe aver vissuto la quotidianità. In questi cinque anni – conclude il dirigente del Sicet il ragionamento sul vecchio esecutivo di Palazzo Marino – con l’assessore Daniela Benelli non si comprendevano bene quali fossero le priorità della sua azione amministrativa. Perché un conto è parlare di offerta abitativa tutt’altro di periferie e basta”.

Ma Spinelli abbandona il discorso sul Comune di Milano per analizzare,  sempre con riferimento alle dinamiche in atto nel capoluogo lombardo, quanto licenziato dall’assemblea di Palazzo Pirelli.  “Questa è una legge che serve poco a Milano, anzi complica le cose. Sparisce, per esempio, la riserva di alloggi per affrontare le situazioni di maggiore indigenza. Chi viene sfrattato per morosità perché non ce la fa realmente a pagare,  adesso,  rischia seriamente di rimanere in mezzo ad una strada…”.  In questo senso, Spinelli si sofferma sul nuovo meccanismo che la legge ha introdotto per definire il cosiddetto indice di ‘povertà’. “E’ un meccanismo del tutto virtuale che considera anche altri parametri, ma che volta le spalle alla drammatica realtà di Milano dove su 23 mila famiglie in graduatoria per un alloggio popolare, ve ne sono la metà con un reddito inferiore ai 7.500 euro e l’altra metà con un reddito compreso tra i 12.500 e i 14.500 euro”.

Insomma, un problema enorme che non si può certo affrontare attraverso un strategia che Spinelli considera non inclusiva. “Si torna a parlare di housing sociale ma sono tutti palliativi perché chi si trova in uno stato di povertà perenne non può certo pensare a queste alternative”. Dunque, per Spinelli è inconciliabile la nuova ‘mission’ data dal Legislatore lombardo, che è appunto la “sostenibilità economica” del sistema, con quella funzione sociale e di assistenza che dovrebbe essere il presupposto dell’emergenza casa. “Per giunta – conclude – grida vendetta il fatto che su Milano ci siano ben 10 mila alloggi sfitti, di cui si parla solo in campagna elettorale e poi cade tutto nel dimenticatoio. Probabilmente, se si fosse fatto qualcosa di serio, oggi non ci troveremmo con 3.800 abitazioni occupate abusivamente”.

04/07/2016
Fabrizio Valenti