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La riforma sanitaria un anno dopo e il caso Milano: la strada è lunga

Alla Cisl di via Tadino il punto della situazione ad oltre un anno dall’approvazione della legge 23. Il lavoro da fare è tanto, ma questa resta un’occasione troppo ghiotta da cogliere per cambiare in meglio il welfare lombardo.


Fare il punto sull’attuazione della riforma socio sanitaria ad oltre un anno dalla sua entrata in vigore. Questo lo scopo della tavola rotonda organizzata dalla Cisl Milano Metropoli in via Tadino.
“La nostra è   una sanità con grossi standard ospedalieri  - ha ricordato introducendo il dibattito Giuseppe Oliva segretario della Cisl Milano Metropoli con delega al Wefare -,  ma con grosse falle fuori, basta farsi un giro nei nostri Pronto Soccorso.  Oggi la situazione è ancora caratterizzata da un sostanziale dualismo, fuori Milano il passaggio, seppure formale dei servizi alle ASST (Aziende socio sanitarie territoriali) è stato realizzato,  mentre in città siamo in ritardo”. Oliva è andato oltre il ‘caso Milano’, citando anche divisioni sul territorio metropolitano abbastanza arbitrarie come quella che ha posto il Corsichese con il Rhodense. Il segretario cislino ha concluso con una serie di spunti utili alla riflessione: “Quando si dà corso effettivamente alle agenzie di controllo e soprattutto, quale sarà il ruolo delle agenzie di promozione della salute?  Serviranno davvero oppure sono lì solo per sistemare qualcuno?”.

Marco Bosio, direttore generale della ATS di Milano Città Metropolitana  ha portato la sua testimonianza rispetto ad una “realtà complessa ma certamente stimolante”. “Mettere insieme 4 ASL non è cosa semplice, per ora abbiamo affrontato gli aspetti organizzativi, mentre con i nuovi piani di attuazione potremo concentrarci meglio sul tema della presa in carico”. Quanto poi al capoluogo lombardo ha così commentato: “E’ un unicum rispetto agli altri territori lombardi. E’ necessario un approccio differente anche in rispetto ai suoi tre ambiti distrettuali”.

Marco Salmoiraghi, direttore generale della ASST Santi Paolo e Carlo ha raccontato il tentativo di  unire queste due Aziende socio sanitarie radicate nell’area Ovest e Sud Ovest di Milano. “Due ospedali – ha detto -  per diversi aspetti molto simili i cui Pronto soccorso sono affollati ogni giorno da 500 pazienti (1000 in tutto ndr). Se poi si considera  che la metà dei posti letto delle due strutture sono quasi continuativamente occupati da pazienti che arrivano dai PS,  significa che il tema della saturazione è quanto mai presente.  La riforma offre una grande opportunità per questi due grandi nosocomi, ovvero, mettere insieme le loro competenze, che se ben unite porterà ad una qualità di prestazioni importanti. Certamente – ha osservato il medico – è un processo che ha bisogno dei suoi tempi. Nel personale (circa 2000 operatori per H) c’è preoccupazione ma anche attesa e desiderio di rimettere in gioco comportamenti e assetti organizzativi che in passato era difficile raggiungere”.  Salmoiraghi ha infine portato l’esempio del progetto avviato dal settembre scorso per una maggior integrazione col territorio: “Abbiamo individuato un team di professionisti di competenza mista che all’interno dei reparti di area internistica, si confrontano per intercettare già in seconda o terza giornata di degenza,  quei pazienti che quasi certamente avranno bisogno di un prosieguo di cura dopo il periodo ospedaliero. Questo percorso ha già fatto emergere alcune decine di pazienti ai quali in modo empirico offrir opzioni di cure ulteriori a quelle prestate a livello ospedaliero”.

Angelo Capelli consigliere regionale di Lombardia Popolare e  vice-presidente della Commissione Sanità a Palazzo Pirelli ha detto: “Già durante il dibattito ero scettico sul rinvio delle competenze. Occorre portare effettivamente ad applicazione il ruolo dell’ATS, ossia, dar loro piena  capacità d’indirizzo, seppur all’interno di un controllo dei budget così da innescare economie di scala”.
“Sulla riforma gli obiettivi come la presa in carico e la continuità socio assistenziale sono stati sempre condivisi - ha spiegato Carlo Borghetti, consigliere regionale del Pd e componente della Commissione Sanità -, purtroppo, oggi ci sono una serie di nodi da sciogliere oltre che dei ritardi. A partire dalla costruzione ed approvazione del piano socio sanitario integrato che doveva essere pronto da agosto”. E’ così che l’esponente rhodense dei Dem in Regione Lombardia ha potuto elencare “tutte le cose non fatte”.

Dal GAT (Gruppo di Approfondimento Tecnico) che dovrebbe sostenere la Giunta in una serie di scelte fondamentali, uno dei tanti strumenti di accompagnamento che la legge prevede ma che doveva essere attivo dal novembre 2015.  “In Commissione Sanità – ha poi aggiunto Borghetti – abbiamo approvato le linee guida per la costituzione dell’Osservatorio integrato sul sistema sanitario ma anche qui, si parlava del mese di febbraio”.  Tra gli altri ritardi accumulati dalla Giunta, Borghetti ha segnalato i POT (Presidi ospedalieri territoriali): “Ne sono stati attivati solo 4 sugli 11 approvati”. Stessa storia per i cosiddetti PRESST (Presidi socio sanitari territoriali). “Adesso finalmente – ha concluso – i Piani organizzativi strategici territoriali (POAS) delle aziende sanitarie sono stati depositati. E’ chiaro che stiamo scontando ritardi dovuti anche al passaggio della delega a Maroni, così abbiamo perso tempo prezioso”.  Nel corso del dibattito hanno portato il loro contributo alla discussione anche  Danilo Mazzacane segretario generale regionale della Cisl Medici ed Emilio Didonè segretario generale Fnp Cisl Milano Metropoli.


”Abbiamo sviluppato confronti a livello regionale ma anche territoriale – ha tirato le somme nel suo intervento di chiusura della mattinata Paola Gilardoni, della segreteria Cisl Lombardia – arrivando anche a sottoscrivere un  protocollo d’intesa con l’assessorato al Welfare per il monitoraggio complessivo della riforma.  Adesso attendiamo i prossimi piani organizzativi per la cronicità che è un nodo scoperto della riforma. Ci aspettiamo un nuovo modello di presa in carico ma anche di finanziamento.  Un miglior governo delle patologie croniche potrà portare senza dubbio ad una migliore gestione dei tempi di attesa”.
In chiosa un passaggio sul tema caldo della riduzione dei ticket. “Per adesso le nostre posizioni sono distanti.  La proposta della Giunta lombarda con 25 milioni di euro sui ticket per riduzione del 50 per cento solo del superticket da 30 euro per prestazioni con costo tariffario sopra i 100 euro, è un intervento contenuto e limitato a solo certi esami. Stiamo parlando di poco più di un milione di ricette a fronte dei 14 milioni complessivi. Servirebbero invece meccanismi, semplici e facilmente percepibili dal cittadino”.

Fabrizio Valenti

06/12/2016
Video di Mauro Cereda - mauro.cereda@cisl.it